Cerchiamo di dire le cose come stanno. Senza retorica.
L’ultima tragedia, in ordine di tempo, che si è consumata e ha avuto come protagonista un cane, un rottweiler, è quella che registra la morte di una giovane donna assalita dal cane di proprietà di suo fratello. Poco importa la dinamica. Si tratta di ricorsiva e annunciata tragicità. Forse, come in tante altre volte, una preziosa e consapevole prevenzione avrebbe potuto evitare questa tragedia che stride, e molto, con quelle pericolosissime immagini che, lasciatemelo dire, ogni tanto vediamo scorrere nelle bacheche dei social, dove animale e bambino giocano o dormono uno vicino all’altro.
Ad ogni tragedia si scatenano insopportabili diatribe e rivendicazioni tra coloro che sostengono che non vi siano razze o cani pericolosi e chi invece ne vorrebbe l’estinzione. Chi abbia una certa frequentazione di questo mondo ha, mi auguro, piena consapevolezza che alcuni cani (non ho volutamente utilizzato l’espressione razza perché ci sono anche gli incroci) manifestino una aggressività, peraltro caratteristica di ogni animale, più marcata di altri. Ancora una volta sono del tutto disinteressato -oltre che ignorante- alle motivazioni etologiche o psicologiche di tale spiccata aggressività. Guardo alle conseguenze. Io mi occupo di quelle. E sono, ancora una volta, irreversibili. Conseguenze non dissimili da quelle che potrebbero scaturire dalla mal gestione di cani riconosciuti come non impegnativi. Anche un cane di piccola taglia può scatenare l’inferno, se a contatto con altri cani (o provocare seri danni se non correttamente vigilato). L’ampiezza della mandibola però ha ancora un suo significato.
Trovo quindi di grande senso e pregio il commento del dott. Luigi Polverini, terapeuta del comportamento animale, che, interpellato su questa ultima tragedia ha spiegato come non sia colpa della razza ma del fatto che a volte si sceglie un cane non per viverci insieme ma per la performance che quel cane garantisce. Certamente, prosegue, più il cane è grande, più i danni che può creare sono maggiori. “A livello di comportamento aggressivo, altre razze, anche di piccola taglia sono esattamente identici a un rottweiler. Magari cambia solo l’entità del danno”.
Temo, anzi ne sono convinto, che tutti noi dovremmo sforzarci di diminuire la nostra ignoranza. Quella che ancora non ci permette di comprendere quale debba essere il nostro rapporto con loro, gli animali. Ci scandalizziamo se il nostro codice li considera ancora come cose e in alcuni casi non ci accorgiamo che ci rapportiamo con loro come se fossero cose. Eppure lo stesso articolo 832 del codice civile ci dice che noi possiamo fare ciò che vogliamo di una nostra cosa entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico, dice la norma stessa. Quali sono questi limiti? Proprio quelli di non considerarli meramente cose, evitando di causare loro inutili dolori sofferenze o angosce, rispettando le loro caratteristiche etologiche che garantiscono loro una sorta di diritto alla buona qualità della loro vita.
E noi dobbiamo necessariamente interrogarci se davvero vogliamo proteggere l’animale per quello che è o per quello che serve o rappresenta per noi. Mi rendo conto che potrebbero apparire interrogativi banali oppure moralistici.
Per me invece sono dirimenti.