Il fatto
Un ragazzo sferra un pugno ad un altro, procurandogli importanti lesioni. Entrambi minorenni. Quello che ha sferrato il pugno ha subito atti di bullismo da parte di quello che ha ricevuto il pugno. Atti di bullismo precedenti l’aggressione che, peraltro, non è avvenuta in ambito scolastico.
Il thema decidendum
L’essere stato bullizzato giustifica una reazione che non si pone come immediatamente successiva all’ attodi bullismo? E’ questo il tema affrontato dal giudice di legittimità che ha espresso -con la sentenza in commento -un principio che non può essere ignorato. Sentenza che segue due gradi di giudizio pervenuti a verdetti diametralmente opposti.
Quello del Tribunale che riconosce una qualche giustificazione così diminuendo nel suo ammontare il risarcimento in favore del ragazzino che ha subito il pugno. Quello della Corte d’Appello per cui il pugno sferrato va letto come azione autonoma e non consecutiva agli atti di bullismo subiti, collocabili in una fase temporale diversa. Come a dire che colui che ha sferrato il pugno voleva aggredire.
Il parere dellaCassazione
A parere della terza sezione della Corte di Cassazione il secondo giudice si sarebbe limitato ad affermare“paternalisticamente” che non si deve reagire alle provocazioni ricevute. Una sorta di invito a porgere l’altra guancia che, aggiunge la suprema corte, appare inappagante nel caso di colui che reagisca alle offese di cui è stato vittima, se reiteratamente provocato e dileggiato.
E’ interessante il ragionamento seguito dalla Corte. Premesso che un adolescente vittima di comportamenti prevaricatori, aggressivi, mortificanti e reiterati nel tempo, proprio perchè adolescente e con una personalità in fieri, potrebbe manifestare diverse forme di reazione (una passiva, destinata ad evolvere verso forme di autodistruzione; l’altra aggressiva), è necessario un coacervo di interventi coordinati che, oltre a contenere il fenomeno del bullismo, fungano da diaframma invalicabile che si interponga tra chi bullizza chi viene bullizzato così da rendere ingiustificabile ogni reazione.
Interventi riconducibili alle istituzioni, alla scuola. Dunque una ferma condanna pubblica e sociale. Se questi interventi vengono meno-come sono venuti meno nel caso in esame-non può essere legittimo attendersi da parte del bullizzato una reazione razionale, controllata e non emotiva. Questo il principio che scaturisce da questa sentenza.
Segue un vero e proprio anatema verso il legislatore perchè si dimostri sensibile verso coloro che sono esposti continuamente a condizioni vittimizzanti che possono poi generare reazioni rispetto alle sollecitazioni negative ricevute.
La terza sezione della Corte di Cassazione è più che esplicita nell’inviare un chiaro messaggio alLegislatore laddove scrive che nell’ “attesa che si diffondano forme di giustizia riparativa specificamente calibrate sul fenomeno del bullismo",la risposta giuridica, nel caso di specie, non avrebbe dovuto ignorare le condizioni di umiliazione a cui l’adolescente in questione è stato ripetutamente sottoposto. Forse un ampliamento della funzione della responsabilità civile che assume anche una funzione deterrente e finanche educativa.
Una fortuita coincidenza
Sarà solo una coincidenza ma con la legge 20 agosto 2019, n. 92 (periodo coevo a quello della sentenza qui commentata) il Parlamento italiano ha introdotto l’obbligo dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Una legge sdoganata come necessaria, non oltremodo differibile per lenire la preoccupazione verso un universo giovanile e adolescenziale creduto ormai allo sbando. Da una parte i genitori additati come incapaci di sapere educare, istruire, fare crescere con assennatezza i propri figli. Dall’ altra la magistratura, quella più più severa che arriva finanche a riconosce un pericoloso e maligno concorso di una scuola non sempre all’altezza della propria funzione.