La più banale e scontata definizione del ruolo del Presidente della Repubblica è quella di arbitro. Ed è forse la più efficace, se ben intesa. Pensiamo alla sport nazionale, il calcio. Chi lo frequenta come appassionato sa bene che tanto più l’arbitro non incide sul risultato della partita tanto più è bravo. Granitica deve essere la sua neutralità, come dovrebbe esserlo quella del Presidente della Repubblica la cui figura è stata solo accennata dai costituenti. Un colpo di pennello leggero anche se il colore ha riempito quasi tutta la seconda parte della nostra carta costituzionale. Se per l’arbitro di calcio la neutralità è garantita dal fatto che quello non proviene dal mondo del calcio (non ha cioè giocato a calcio) un capo dello Stato viene dalla politica. Perché vi ha fatto parte o perché comunque di fatto dalla politica viene eletto. Una neutralità che non può dunque essere originaria ma deve essere invece garantita. E lo è, oltre che dalla previsione del voto segreto alla sua elezione e dal divieto di discussione della sua candidatura in seduta comune, dall’obbligo della controfirma del governo agli atti del capo dello Stato che, diversamente dai suoi discorsi, ufficiali o ufficiosi, non esisterebbero. Tradotto, il Presidente della Repubblica non può compiere atti che mettano in imbarazzo il governo che con la controfirma si assume ogni responsabilità dell’operato del capo dello Stato che proprio per questo non ha alcuna responsabilità politica non essendo, per volere costituzionale, organo politico.
Non è irriverente pensare che il Presidente della Repubblica possa fare quello che parlamento e governo lasciano che lui faccia. Con espressione forse più consona si può dire che se vi fosse una maggioranza forte e un governo in sintonia con quella stessa maggioranza il Presidente di fatto scomparirebbe. Come il bravo arbitro di calcio. Ma non per questo il suo ruolo ne sarebbe inficiato.
Definire poco significative le sue attribuzioni denoterebbe inconsapevolezza del ruolo ordinario e non per questo meno delicato del Presidente delle Repubblica. Quel modo di “dirigere la partita” che diventa “carismatico” quando i giocatori lo mettono alla prova. Come quando il Presidente oggi uscente urlò il suo no al Prof. Savona, cui fu negato il Ministero dell’Economia. E tanto al netto di ogni discussione di carattere costituzionale circa la natura dei poteri di nomina dei ministri del capo dello Stato. Lo fece anche Pertini rifiutando la nomina di alcuni soggetti che risultavano nelle liste P2. Due bravi arbitri.
Quale sarà quello designato, si troverà davanti giocatori impegnativi. Inclini alle contestazioni plateali. A fare trascorrere il tempo, che non può andare perso.
Dovrà essere proprio bravo il nuovo arbitro.