March 24, 2023

E’ LEGITTIAMA LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DEL COMUNE DI MILANO QUANDO SI TRATTA DI REATI IN DANNO DI ANIMALI?

Il tema della costituzione di parte civile del Comune  all’interno di un processo penale nelle ipotesi di reato in danno di un animale presuppone la configurabilità in capo allo stesso Comune della qualità di danneggiato dal reato. Un diritto soggettivo proprio, ulteriore e distinto rispetto a quelli dei singoli cittadini lesi dalla condotta penalmente illecita.

Poiché non consta che lo Statuto del Comune di Milano contenga disposizioni a tutela degli animali se ne potrebbe trarre la conclusione che manchi la previsione di un interesse generico e diffuso trasfuso in un obiettivo primario dell’azione amministrativa dell’ente locale. Tanto è che la tutela degli animali è espressamente prevista in quelle associazioni che per legge ottengono la legittimazione a costituirsi all’interno dei procedimenti di questo tipo.

In un recente passato e con riferimento ad un procedimento penale nei confronti di una determinata persona avente ad oggetto l’accertamento di una ipotesi di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze (art. 727 cp), il Comune di Milano si era costituito  parte civile perchè leso nella sua posizione di garante per la tutela e dignità degli animali d’affezione. Il Tribunale di Milano aveva riconosciuto la legittimazione del Comune a costituirsi parte civile per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (Trib. Milano, Sez. VII, sent. n. 4252,/ 2019 ).

Tale riconosciuta costituzione è stata oggetto di alcune interessanti riflessioni (Beatrice Fragasso, Diritto penale contemporaneo, 17 maggio 2019) che hanno sottolineato come nel caso in esame nonostante il Tribunale avesse citato non meglio precisati scopi statutari nello Statuto del Comune di Milano non erano rinvenibili disposizioni specifiche a tutela degli animali tali da trasformare un interesse generico e diffuso in un obiettivo primario dell’azione amministrativa dell’ente locale. Nè, si dice, l’adozione di un Regolamento Tutela animali poteva implicare di per sé il riconoscimento della protezione degli animali quale obiettivo specifico del suo agire. In cosa consisterebbe il danno subito dal Comune di Milano?  Apparirebbe poco credibile, si dice ancora, che un singolo episodio contravvenzionale di ben modesta portata (la violazione dell’art. 727 cp) abbia potuto ledere il danno all’immagine del Comune.  Ma soprattutto, occorreva dimostrare la lesione all’immagine del Comune di Milano ed il nesso causale tra il danno asseritamente subito e quel delitto tra privati, intercorso nella collettività cittadina di cui l'ente territoriale è il rappresentante. Quel collegamento cioè tra il reato e la lesione subita dell'ente pubblico territoriale  che deve  configurarsi  in un rapporto immediato di causa-effetto.

I rilievi mossi sono senz’altro di pregio. Quelle che seguono sono invece riflessioni verosimilmente ardite e giuridicamente improponibili, ma provo a farle.

Il Regolamento al quale si fa riferimento nella sentenza ricordata è il Regolamento di Tutela Animali del 2005, oggi sostituito dal nuovo regolamento del 2020.  Il primo immediatamente successivo alla legge n.189 del 2004 che ha introdotto una serie di reati in danno degli animali. Il secondo affonda le sue radici in un diritto vivente che, in tema di tutela animali, è altro rispetto a quello del 2005. Ha dunque ancora senso oggi convenire che il fatto che il Comune di Milano abbia adottato un Regolamento Tutela animali non implichi  di per sé il riconoscimento della protezione degli animali quale obiettivo specifico del suo agire indipendentemente da una esplicita previsione statutaria?  E allora -se così fosse - dovremmo domandarci quale sarebbe l’utilità di questo regolamento ee verosimilmente attribuire allo stesso una natura etica, politica, sociale e nulla di più.

Personalmente credo il nuovo Regolamento, perfettibile come ogni norma, abbia una potenzialità non trascurabile intervenendo su una serie di questioni essenziali per il contesto urbano di riferimento che è in continua e non arrestabile evoluzione. Esso contiene disposizioni finalizzate alla tutela della salute pubblica, dell’ambiente, al rispetto e alla difesa degli animali da ogni forma di maltrattamento e prevaricazione. Esigenze di incolumità pubblica e di incolumità degli stessi animali. E’ azzardato ritenere che una condotta maltrattante verso un animale realizzata da ragazzi giovani costituisca pericoloso segnale di un futuro  (di quella persona) verosimilmente caratterizzato da atti violenti in danno delle persone e, soprattutto delle donne (ove non poche volte l’animale domestico maltrattato, quando non ucciso ,costituisce solo un malvagio pretesto per affermare il dominio maschile)?

Se andiamo a rileggere il comunicato ufficiale emesso dal Comune di Milano per annunciare l’approvazione del nuovo regolamento si legge testualmente che “l’Amministrazione sé è così dotata di uno strumento aggiornato, utile e dinamico in grado di recepire la crescente sensibilità nei confronti delle tematiche relative alla tutela degli animali, all’interno delle competenze conferite dalla normativa ai comuni”. Il nuovo Regolamento milanese è stato pensato per svolgere un ruolo educativo e di formazione di una rinnovata cultura del rispetto degli animali in città. Ha una sua intrinseca potenzialità poiché interviene su una serie di questioni essenziali per il contesto urbano di riferimento. Diritti, doveri, comportamenti da tenere o evitare per non creare problemi a chi ha un animale, all’animale, a chi non ha un animale, allo stesso Comune (si pensi ai danni erariali conseguenti al ,mantenimento di cani, magari taluni cani, confiscati ai detentori e non più richiesti da alcuno).  

Il Regolamento dedica gli articoli di apertura (più segnatamente il quarto e il quinto del primo capitolo) a due uffici fondamentali:  l'Ufficio Tutela Animali (UTA) e l’Ufficio del Garante. Il primo ha come obiettivo istituzionale quello di prevenire il randagismo, informare e sensibilizzare la cittadinanza sulla conoscenza e il rispetto degli animali e sul tema del benessere animale, promuovendo  le attività destinate a migliorare i rapporti di convivenza tra animali e cittadini, ricevere e, se del caso, sostenere segnalazioni e suggerimenti da parte di cittadini e Associazioni protezionistiche. Tutto questo  collaborando con ATS, Polizia Locale (che ha un proprio nucleo dedicato agli interventi riferibili agli animali) e altre forze dell’ordine, garantendo supporto amministrativo e logistico alle attività del Garante per la tutela degli animali. Soprattutto per il contrasto al fenomeno dell’accumulo di animali.

Quest’ultimo, il Garante, parrebbe titolare di importanti funzioni quali intercettare istanze, richieste e segnalazioni di eventuali ipotesi dolose e non in danno di animali pur mantenendo autonomo potere di intervento, ponendosi come tramite con le istituzioni preposte e finanche interagire con l’attività giudiziaria (sino alla eventuale costituizione di  parte civile, anche se none espressamente richiamata).

Da non sottovalutare, anche se non espressamente richiamata ma forse desumibile da una interpretazione dei singoli articoli di riferimento, l’attività di controllo delle situazioni relative ad animali all’interno dei circhi, zoo, allevamenti, negozi di animali, rifugi, canili,  gare e competizioni sportive, manifestazioni legate alle tradizioni locali dove sono impiegati gli animali.

Ritorno -in conclusione- sull'affermazione per cui  l’adozione di un Regolamento Tutela animali non implicherebbe di per sé il riconoscimento della protezione degli animali quale obiettivo specifico del suo agire. Se così fosse dovremmo allora interrogarci  finanche sul senso e significato nonchè portata della recente modifica della Costituzione che ha introdotto la tutela degli animali affidandola alla legge dello Stato. Mi rendo conto del paragone forse ardito (un regolamento comunale al cospetto di una norma costituzionale) ma tanto è.