December 8, 2022

I PARLAMENTARI NON POSSONO RISPONDERE DELLE OPINIONI ESPRESSE E DEI VOTI DATI NELL'ESERCIZIO DELLE LORO FUNZIONI


Si tratta dell’art. 68 della nostra Costituzione. Il problema è capire quando il parlamentare esercita la sua funzione. La Corte Costituzionale, con una recentissima sentenza (la n. 241/2022 del 1 dicembre u.s.) ci aiuta a capirlo.

La Camera dei deputati aveva reputato che le dichiarazioni di un certo (allora) deputato e contenute in un suo scritto pubblicato sulla sua pagina Facebook fossero espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e, pertanto, riconducibili alla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione. Dichiarazioni, quelle del deputato, che avevano portato ad una sua incriminazione per il reato di diffamazione in danno di due persone,  aggravate dall’attribuzione di fatti determinati e dalla diffusione dell’offesa con un mezzo di pubblicità. Il Tribunale competente territorialmente aveva ritenuto che la frase riferibile al deputato non poteva essere ritenuta opinione espressa nell’esercizio della funzione di parlamentare.

La Corte Costituzionale, pronunciandosi su un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e dovendosi pronunciare quindi sul richiesto annullamento della deliberazione di insindacabilità della Camera dei deputati, ha così motivato.

Secondo  giurisprudenza costituzionale per ravvisare un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni è necessario che le stesse possano essere riconosciute come espressione dell’esercizio di attività parlamentare (vale a dire che assumano carattere divulgativo di quanto riconducibile a quest’ultima).

Invero, dice la Corte, la dichiarazione resa dal deputato non si è limitata a segnalare alla pubblica opinione una determinata circostanza degna di interesse sociale come più volte denunciato con atti tipici in Parlamento (nello specifico la circostanza che un certo cantiere TAV veniva reso oggetto di azioni violente da parte di membri di gruppi sociali, con il sostegno di amministratori locali non meglio identificati). La dichiarazione oggetto del processo penale non solo si riferisce ad un episodio particolare  (la presunta aggressione in danno del cantiere) ma aggiunge l’attribuzione alle persone offese dal reato, nominalmente individuate, di un fatto specifico, ossia di avere avvisato i teppisti dei movimenti della polizia.

Ebbene, sottolinea la Corte, né la relazione della Giunta per le autorizzazioni, né la deliberazione della Camera né la difesa della Camera stessa hanno indicano atti parlamentari del deputato anteriori o contestuali alle dichiarazioni oggetto dell’imputazione, che abbiano un contenuto corrispondente a quanto pubblicato su Facebook, vale a dire che denuncino la pretesa delazione. Motivo per cui non possono avere rilievo – secondo la giurisprudenza di questa Corte – gli atti parlamentari posteriori alla dichiarazione reputata insindacabile, perché, per definizione, quest’ultima non può essere divulgativa dei primi.

In altre e più semplici parole, con riguardo agli atti di esercizio della funzione parlamentare da parte del deputato anteriori alla dichiarazione pubblicata su fb non vi è alcun riferimento specifico alle persone dei querelanti.

Conclude quindi la Corte che non risulta alcuna opinione, resa nell’esercizio della funzione parlamentare, che abbia un contenuto nella sostanza corrispondente al fatto specifico denunciato dal deputato a mezzo facebook con la dichiarazione reputata insindacabile dalla Giunta prima e dalla Camera poi. Difetta, in altri termini, il nesso funzionale tra le affermazioni oggetto del procedimento penale e l’attività compiuta in sede parlamentare dal deputato e dunque la tale deliberazione della Camera va perciò annullata.