Tribunale di Milano, sentenza n. 7053 /2021
(X sezione civile)
Tizia utilizzando l'apposita scaletta per accedere alla vasca di una piscina comunale scivola procurandosi un trauma e relativa tumefazione alla gamba destra. Ritenendo tale infortunio originato dalla mancanza della protezione in gomma antisdrucciolo sui gradini della suddetta scaletta, Tizio si rivolge al Tribunale.
Quale potrebbe essere la responsabilità della “piscina” in questa vicenda?
La responsabilità richiamata dall’art. 2051 del codice civile, meglio nota come responsabilità da cose in custodia. Una responsabilità senza colpa che incombe in capo al c.d. custode (in questo caso chi ha la proprietà o gestione della piscina) e trova origine dalla relazione che lega il custode e la cosa che ha cagionato il danno. Unica via di fuga dalla responsabilità è il caso fortuito che deve essere dimostrato dallo stesso custode della cosa.
Non rileva ai fini dell’ accertanda responsbabilità la più o meno pericolosità della cosa. In tante situazioni la “cosa” non ha una sua intrinseca pericolosità ma può diventare pericolosa per il concorso di un’agire umano (una pavimentazione di per sé non è pericolosa ma se non segnalo una sua disconnessione potrebbe diventarlo). In questo caso il danneggiato che ha comunque l’onere di dimostrare il nesso di causalità tra la cosa in custodia (qui la scaletta) ed il danno (qui il trauma e la tumefazione) deve altresì dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del danno. Non solo. Il danneggiato deve pure dimostrare di aver tenuto un comportamento di cautela posto che il caso fortuito (che libererebbe il custode da ogni responsabilità) può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato.
Nella vicenda scrutinata la scaletta della piscina è oggettivamente priva di intrinseca pericolosità e in corso di causa non sono state accertate anomalie della scaletta; si è pure accertato che il requisito della presenza di gomma antisdrucciolo (ritenuto obbligatorio da Tizia) non è previsto dalle varie normative. Purtroppo per Tizia è’ invece emerso proprio quel fatto colposo dello stesso danneggiato (appunto Tizio) che integrerebbe il c,d. caso fortuito e quindi negherebbe ogni responsabilità in capo al custode (piscina).
Ma quale sarebbe stata la colpa di Tizia?
I gradini delle scalette in uso nelle piscine presentano una c.d. mandorlatura perfettamente visibile ed idonea a garantire su di essa un appoggio sicuro dei piedi. Solo al punto centrale dei gradini stessi, per alcuni centimetri, il metallo si presenta liscio ed è quella parte sulla quale i piedi dell'utente non dovrebbero poggiare. Inoltre la corretta discesa in acqua prevede che le estremità inferiori siano ad una distanza tra esse almeno pari alla larghezza del bacino così da non calcare la parte liscia dei gradini. Inoltre l’utente deve sorreggersi con entrambe le mani sui due sostegni laterali della scaletta. Non adeguarsi a tali prescrizioni equivale ad un uso anomalo della scaletta.
Ebbene, a dire del Tribunale milanese al quale Tizia si rivolge, la scaletta è stata non la causa bensì l'occasione di una caduta frutto di distrazione da parte di Tizia stessa.
Ma da dove trae questa convinzione il Tribunale milanese? La trae proprio dal denuncia di sinistro prodotta in giudizio da Tizia in cui descrive nei termini di cui sopra il fatto. Si legge infatti che Tizia rivolta verso la vasca si accinge a scendere la scaletta di ingresso in acqua, effettuando una rotazione che la porterà spalle alla vasca così scivolando sul gradino e urtando la gamba contro il bordo.
In buona sostanza quanto meno la cosa è intrinsecamente pericolosa (e la scaletta non è pericolosa) quanto più la situazione di possibile pericolo è tale da essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte del danneggiato; e tanto più influente deve considerarsi l'efficienza causale dell'imprudente condotta della vittima, fino ad interromperne il nesso tra la cosa ed il danno ed escludere, dunque, la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. (sul punto si veda Cass. n. 2345/2019; Cass. n. 9315/2019).
Riassumendo Tizia vede respinta la propria richiesta di risarcimento dei danni subiti posto che la condotta imprudente posta in essere è qualificabile come caso fortuito ai fini dell'interruzione del nesso causale. Con conseguente soccombenza nelle spese di lite.