September 13, 2025

IL NUOVO ESAME DI MATURITA’ “DELLA SCUOLA”

Gli studenti chiamati alla maturità il prossimo anno sperimenteranno su loro stessi un nuovo modo di valutazione del loro percorso di studi come intrapreso. Non più il burocratese “esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione”, ma l’antico “esame di maturità”. Una promessa di non si sa bene cosa del Ministro, che nulla dice su come sarà resa credibile. Dunque sono state cambiate le modalità di verifica di un percorso di studi che resta il medesimo, sorretto ancora da polverosi e anacronistici programmi ministeriali. E se il busillis fosse proprio questo percorso scolastico? Archiviato forse il “Gioco della fortuna” che prevedeva che il maturando dovesse partire da una foto, una frase, un documento per poi ricollegarsi a tutte le materie potendo chiedere l’aiuto da casa (i commissari interni), la nuova prova orale avrà ad oggetto le quattro materie caratterizzanti l’indirizzo di studi che però saranno individuate e comunicate dal Ministero solo a gennaio di ogni anno. Al fine poi di evitare la scena muta all’esame in segno di protesta (anche se il protestante solitamente aveva già raggiunto il quorum necessario per evadere dalla scuola di appartenenza), lo studente che dovesse reitererà questo ritenuto indegno comportamento di protesta andrà incontro alla bocciatura. Chi si presentasse con un 6 in condotta (la condotta è uno dei più grandi misteri della scuola italiana) dovrà portare un compito specifico sulla “cittadinanza attiva”. Ma cosa sia questa cittadinanza attiva non è dato sapere e  dunque appare come una sanzione più che una occasione di maturazione e consapevole ridimensionamento. Una sorta di catechismo giuridico, vero vulnus di ogni tentativo di dare dignità a quella  Educazione Civica tanto voluta da Aldo Moro. Le nuove commissioni saranno composte da un presidente, due commissari interni e due esterni. Si dice per “ottimizzare le procedure” (quali?) e rinvestitire nella formazione specifica dei commissari, che diventerà un criterio preferenziale per la loro nomina. Temo si tratti di una manovra per risparmiare qualche denaro. Nulla di più. Mi sono domandato quale fosse  il perché di questa riforma. Forse il tardivo riconoscimento che qualcosa non va nella scuola italiana? Un livello di scolarizzazione ritenuto non congruo alle aspettative? La preoccupazione originata da un accertato grave disagio giovanile? Si è voluti partire dall’ultimo atto, la prova di maturità, e non da ciò che conduce a tale prova e che si svolge negli anni che precedono questo traguardo. Il rischio che intravedo è quello che a pagarne le conseguenze continueranno ad essere gli studenti, autentica ricchezza per le “future generazioni”. Calamandrei diceva che non si ha democrazia laddove, pur essendo tutti i cittadini ugualmente elettori ed eleggibili, di fatto solo alcune categorie di essi dispongono dell’istruzione sufficiente per essere elementi consapevoli ed attivi nella lotta politica. Che forse qualcuno abbia interesse a non formare future generazioni consapevoli? Le sorti dell’istruzione sono inevitabilmente e fisiologicamente legate a quelle della politica. Le difficoltà di un serio programma di istruzione è figlia della crisi ormai cronica della politica. Di ogni tempo e stagione. E colore. Una crisi irreversibile che rende difficile cogliere le richieste di aiuto che giungono dalla scuola. Una scuola dove la tradizionale lezione frontale pare ritenuta ormai antica e superata, dove latiterebbe stimolazione, motivazione, fascinazione. Di tali aspetti Il Ministro Valditara ne ha preso consapevolezza? Ha capito che oggi la più parte dei nostri ragazzi è pericolosamente indifferente alla vita pubblica? Ovviamente si tratta di ragionare sui grandi numeri, non sulle eccezioni che pure ci sono. I nostri studenti guardano fuori dalle finestre delle loro classi riescono a percepire i grandi temi della nostra epoca?  Sono in grado di decifrarli, decodificarli? Hanno gli strumenti per farlo?  E’ su questo che chi organizza la scuola dovrebbe concentrarsi. Affidare retoricamente alla educazione civica o a soluzioni quali i lavori socialmente utili il compito di contribuire a formare i cittadini di domani credo sia illusorio. Quando un insegnante racconta la Costituzione ai suoi studenti cosa legge nei loro occhi? Prima stupore e poi distacco, indiffereenza. Il Ministro si è mai chiesto perchè? La nostra politica sta pensando ad una sorta di restyling dei programmi scolastici evaporati nel tempo? Perché di questi si tratterà nel nuovo esame di maturità. Cambiare quest’ultimo senza cambiare i programmi e il modo di presentare e e vivere la scuola è un grave errore. Di presunzione. Purtroppo anche nella scuola -come n altri ambiti della società - annuso un fastidioso rigurgito di sanzionorrea scolastica. E il divieto dell’utilizzo del cellulare a scuola va in questa direzione. Vietare invece che educare a comprendere. Tenendo conto che un “bambino” che si iscrive al primo anno di una scuola secondaria di secondo grado ha una maturità diversa di quello stesso ex bambino ora diventato adolescente e prossimo alla maturità. E se  le sua maturità (quella non scolastica) non gli avesse ancora permesso di cogliere il senso di una limitazione (che è cosa diversa dall’imposizione di divieto) dell’uso del cellulare quando segue una lezione forse anche noi adulti, insegnanti compresi, dovremmo domandarci perché. E spesso me lo domando. Oggi su Repubblica il presidente nazionale dell’Ordine degli psicologi italiani ricorda come si debba agire sull’autostima dei ragazzi e che talee compito appartiene anche alla scuola. I social, dice, fanno parte del nostro mondo, e di quello dei genitori degli studenti aggiungo io, proibirli non serve a nulla. Senza contare, sotto il mero aspetto giuridico, che con il “deposito” dei cellulari presso la scuola nelle diverse forme (chiusi negli  zaini, negli armadietti) si pone sin essere un preciso obbligo del depositario. Ecco, anch questa è educazione civica. Sarà contento il Ministro.