Tratto da “ Il Patto Tradito, Blog di Ermanno Giudici, puntata del 24 gennaio 2022”
A febbraio 2020 il Comune di Milano ha approvato -non senza difficoltà- un nuovo regolamento di tutela e benessere degli animali che, nelle dichiarate intenzioni, avrebbe dovuto avere un alto valore educativo e di formazione di una rinnovata cultura del rispetto degli animali in città. Un testo all’interno del quale coabitano regole di etologia, di veterinaria, di salute pubblica, di diritto (civile, panale e amministrativo) e i cui ispiratori sono stati la Prof.ssa Paola Fossati e il Prof. Gustavo Gandini, entrambi Garanti dell’Ufficio Tutela Animali di Milano.
Lunedì scorso, all’interno de “Il Patto Tradito”, Blog di Ermanno Giudici, è stato fatto un bilancio dei primi due anni di questo Regolamento, cercando di individuarne pregi e difetti (tutto rivedibile sulla pagina fb del Patto Tradito). Oltre a Ermanno Giudice e Paola D’Amico (padroni di casa), hanno partecipato alla discussione la prof.ssa Emanuela Prato-Previde e il Prof. Gustavo Gandini.
Avendone seguito quasi l’intera gestazione di questo Regolamento avevo in più di una occasione rappresentato come le disposizioni in esso contenute (o la più parte di esse) corressero il rischio di rimanere delle idealità, sintesi e mediazione di temi assolutamente divisivi che avevano spaccato in due e forse in tre l’intero Consiglio comunale. In altre e più prosaiche parole mi sono sempre interrogato di quale potesse essere l’utilità di un simile regolamento. Potenzialmente assai elevata certo, in termini di tutela della salute pubblica, dell’ambiente, del rispetto e alla difesa degli animali da ogni forma di maltrattamento e prevaricazione. Di una corretta coabitazione all’interno della città di Milano tra i “sapiens e i non sapiens”. Mi tormentava però un dubbio. Il regolamento appena approvato era realmente finalizzato a regolare i rapporti tra animali e umani, nel reciproco rispetto, oppure mirava a meramente imporre divieti e obblighi, spesso non gestibili, eseguibili, applicabili?
Ebbene proprio il Garante Gandini ha confermato le mie perplessità affermando che in questi due anni tanto e poco è cambiato a seguito della pubblicazione del nuovo regolamento. E questo perchè, sempre secondo Gandini, una cosa sono le desiderata di esso e altra la sua concreta applicazione.
In altre parole viene confermata la maggiore perplessità che echeggiava prima in commissione poi nell’aula consiliare al momento della approvazione del regolamento. Norme la cui violazione è troppo spesso impossibile da accertare o la cui sanzione del tutto irrilevante. Una situazione che, come ha ben sottolineato Ermanno Giudici, inficia da subito il senso delle norme contenute nel regolamento.
Invero il Prof. Gandini avrebbe anche individuato l’antidoto a questa pericolosa deriva di un sistema di norme che non possono essere ottemperate e che, mi permetto aggiungere, rischia di caricarsi di un maligno potenziale criminogeno. Una efficace politica di educazione e informazione al cittadino perché sia resa possibile una autentica ed efficace coabitazione tra animali e cittadini. Obiettvo al quale il garante annuncia di volere tendere nel prosieguo della propria esperienza istituzionale.
Obiettivo certamente condivisibile a patto che, converrà con me il Garante, non si esaurisca in quelle ricorsive stagionali campagne anti-abbandono e/o similari. Il discorso dovrà essere molto più profondo e partire dai più piccoli, laddove si formano le teste pensanti. Svolto in modo serio, informando ed educando per primi coloro che dovranno vigilare sulle norme del regolamento.
Vi è già una legge che indica questa direzione. La Legge 20 agosto 2019, n. 92 che ha introdotto l’obbligo dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado (scuola primaria e secondaria) individuando tre macroaree e tra queste una comprende l’educazione ambientale, comprensiva a sua volta della c.d animal law.
Non me ne voglia il Prof. Gandini ma per giungere a quella condivisibilissima idea di educazione e informazione occorrerà percorrere una strada assai diversa da quella ritenuta percorribile in tema di patentino per i cani c.d. pericolosi, pur riconoscendo a chi di dovere che la pandemia ha forse complicato le cose. Ma i numeri, come dallo stesso Garante ricordati, sono impietosi dal momento che oggi a Milano su 6000 proprietari di cani “patentabili” solo 400 sono stati i virtuosi.
Un ultimo presuntuoso suggerimento. Le competenze dell’ UTA (Ufficio Tutela Animali) e dello stesso Garante oltre ad essere enunciate in modo (troppo) generico sono poco conosciute. Il rischio è che sia l’ufficio che la figura del Garante rimangano distanti dai cittadini che non hanno quella necessaria consapevolezza dell’esistenza di due utili punti di riferimento.