I fatti più recenti lasciano sbalorditi. Ma non più di altre volte. Troppe. Si insinua lentamente, anzi subdolamente, una pericolosa assuefazione. Accadimenti terribili che si susseguono e che hanno come vittime umani e non umani. Fatti caratterizzati da ferocia inaudita. A volte solo conseguenza di un destino avverso. Spesso, purtroppo, conseguenza di grave colpa di qualcuno. Molto spesso espressione di una profonda ignoranza. A sua volta figlia di una mai ricevuta educazione all’alterità, al rispetto per gli altri. Carenze difficilmente reintegrabili sol con sanzioni più severe.
La reazione dell’opinione pubblica è fortemente emotiva. In alcuni ambiti più di altri. Cavalcata non poche volte da imbarazzanti politicanti pronti a sfruttare proprio quella emotività trasformandola in consenso. Complici alcune imbarazzanti trasmissioni televisive e una certa (dis)informazione. Soprattutto oggi che, diversamente da ieri, viene applicata una nuova forma di gogna attraverso i social media dove finanche si pubblicano le foto dei ritenuti colpevoli con tanto di indirizzo. Una gogna mediatica che da sanzione accessoria per chi aveva violato la legge si è trasformata in una sorta di misura preventiva e cautelare decisa dal web. Una frenesia vendicativa che, temo, sia andata oltre il limite accettabile divenendo anche negazione di ogni dissenso di pensiero diverso dal ritenuto sentire comune.
Frenesia che mal si concilia con l’art. 27 della nostra Costituzione e del principio di innocenza in esso contenuto. Frenesia che oscura i presupposti della continenza, della verità e soprattutto della pertinenza che legittimano il diritto di cronaca e di critica. Indiscutibile diritto del quale ciascuno di noi è titolare (ritengo finanche che la vittima di un reato abbia il diritto a rivendicare l’inferno per il presunto o accertato colpevole) con il limite della contumelia, dell’offesa al decoro, all’onere, e alla distruzione dell’immagine di chiunque. Soprattutto se in assenza di una sentenza. Nell’era dei social quella “sanzione accessoria e immediata” rende particolarmente delicata e insidiosa la sua diffusione. Mi riferisco al “ricordo perpetuo” di quella notizia anche nella ipotesi in cui il destinatario della diffamazione sia stato dimostrato essere completamente estraneo alla vicenda o, ancora peggio, abbia interamente pagato il proprio conto con la giustizia.
Il diritto di critica comprende anche il diritto di polemica, finanche l'uso di argomentazioni incisive ed espressioni aspre, non potendosi estendersi finanche al diritto all’insulto e alla distorsione dell'immagine altrui. Questo, mi pare, prevedano le regole del gioco oggi in vigore. E con queste dobbiamo fare i conti. Soprattutto quando la violenza che viene scaricata in rete supera quella che viene criticata.