Quando si parla di responsabilità da cose in custodia ci si riferisce a quella situazione giuridica disciplinata dall’art. 2051 del codice civile per cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. L’avere in custodia una cosa rimanda ad una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa stessa. Si tratta di una responsabilità dove tradizionalmente una “cosa” manifesta la propria autonoma idoneità causale alla produzione del danno senza essere azionata da un comportamento umano specifico. Non rileva accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio del suo potere sul bene.
Ciò premesso, per comprendere meglio questa importante norma che esprime la temuta responsabilità oggettiva, che appunto prescinde dalla componente soggettiva, vediamo tre esempi assolutamente diversi nella dinamica ma tutti riconducibili all’art. 2051 del codice civile.
Il primo. Tizio cade sulle gradinate di uno stadio a causa di un liquido oleoso che ivi era sparso e chiede i danni per le lesioni riportate citando in giudizio la società proprietario dello stadio invocandone la responsabilità da (omessa) custodia.
Il secondo. Un motociclista perde il controllo del mezzo a causa una sostanza oleosa presente sul manto stradale e verosimilmente fuoriuscita da un mezzo per la nettezza urbana, rovina a terra riportando lesioni. Cita quindi in giudizio l’ente proprietario della strada ai sensi dell’art. 2051 del codice civile.
Il terzo. Caio scivola su una inaspettata deiezione canina giacente sulle scale condominiali. Riportando danni alla persona ne rivendica il ristoro nei confronti del condominio all’interno del quale si è verificata la caduta ritenendolo responsabile quale custode ai sensi dell’art. 2051 del codice civile ( in via subordinata, richiamandosi all’ordinario principio di cui all’art. 2043 sempre c.c. (responsabilità per danno ingiusto).
Dunque una gradinata di uno stadio, un tratto di strada, una scala all’interno di un condominio. Ciascuna “cosa” oggetto di custodia da parte di qualcuno ( il proprietario dello stadio o della strada, il condominio) che, come anticipato, è responsabili per la cosa che si ha in custodia, salvo provare il caso fortuito.
Ebbene, la Cassazione ci dice che se è vero che nei casi riferibili all’art. 2051 c.c. grava sul custode la prova liberatoria del caso fortuito ( tra cui rientra l’ipotesi del fatto del terzo e del danneggiato) è altresì vero che esso non è genericamente integrato ogni qualvolta si sia verificato un fatto riconducibile ad un terzo, ma solo allorquando, a causa della “immediatezza del danno rispetto alla condotta del terzo, il custode non ha avuto possibilità di intervenire ed impedire il pregiudizio”. In altre parole non vi è stato alcun tempo per esercitare alcuna attività volta ad eliminarne le possibili conseguenze pregiudizievoli. E di tale immediatezza deve essere fornita la prova mancando la quale non può essere riconosciuta una responsabilità in capo al custode.
Traslando questo ultimo principio negli esempio di cui sopra, se qualora si accertasse che l’olio presente sulle gradinate oppure sulla sede stradale fosse stato rilasciata pochissimo tempo prima rispetto alla caduta o allo slittamento del motociclo, risulterebbe pacifica l’impossibilità per l’ente proprietario della stadio o della strada di un intervento in favore dell’incolumità e sicurezza altrui.
Quanto alla responsabilità presunta del condominio la presenza della deiezione canina sulle scale non è elemento dal quale trarre una intrinseca pericolosità dell’oggetto di custodia quanto piuttosto riconduce a un fattore esterno e estemporaneo, non necessariamente controllabile dal custode e del quale il danneggiato poteva rendersi conto. Una responsabilità che potrebbe evincersi se e qualora venga dimostrata una pregressa conoscenza di tale problematica in capo all’amministratore e/o condominio.
Peraltro -e con riferimento a ciascuno degli esempi citati, la Cassazione ha precisato che in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. ove la “cosa” sia priva di intrinseca pericolosità deve essere comunque accertato che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del sinistro.