May 25, 2024

NON CI SONO CANI CATTIVI , CI SONO CATTIVI PROPRIETARI. MA E' PROPRIO COSI'?

Con questa “scioccheria” possiamo archiviare ogni discussione. Andiamo in pace e preghiamo che vada tutto bene. Ma nulla andrà bene.

Una negazione assoluta (non ci sono cani cattivi) e una asserzione altrettanto assoluta (ci sono cattivi proprietari). In base a cosa si può affermare tale “grulleria”?

Cattiveria, secondo il vocabolario della lingua italiana, è una innata disposizione a far del male, a recar danno al prossimo, atto provocato da malignità o malanimo. Dunque poco si confà ad un cane la cattiveria. Tutti i cani -invece- possono mordere. Hanno una aggressività, diversamente declinabile, che fa parte del c.d etogramma, che è il repertorio comportamentale di una specie. La pericolosità è una conseguenza della aggressività la cui intensità varia per corporatura, possenza, forza mandibolare del cane. La linea dii sangue può avere il suo peso.

Il termine cattiveria poco si addice anche nei confronti dei proprietari di un cane. Parlerei di mancata conoscenza non poche volte aggravata da una colposa irresponsabilità che in alcuni casi potrebbe finanche fare ipotizzare il dolo eventuale. Una mancata conoscenza o falsata percezione di cosa sia un cane. Un essere vivente che, a differenza di un’arma, agisce per motu proprio. Indipendentemente da quello che l’umano ha voluto insegnare lui credendo così di avere risolto, ora per allora, ogni problema di convivenza e socializzazione con altri umani e non umani. Magari riducendo l’animale ad un automa, rallegrandosi di tanto. Dimenticando, forse solo ignorando, che trattandosi di esseri viventi potrebbero insorgere nel corso della loro vita modificazioni comportamentali riconducibili a patologie che ignoriamo o vogliamo ignorare perché magari non siamo in grado di sostenere le necessarie ed inevitabili spese veterinarie. Ho imparato, frequentando le cliniche veterinarie che il dolore originato da fenomeni infiammatori, vascolari, degenerativi, neoplasie, l’assunzione di farmaci possono scatenare aggressività nel cane. Tutte situazioni che solitamente rendono inspiegabile quella certa aggressione ma che invero ha una sua spiegazione scientifica. Un cane in salute attiverà una aggressività oltre soglia solo a seguito di un forte stimolo mentre un cane non in salute sarà più sensibile (in termine di risposta aggressiva) a stimoli apparentemente banali. Leggendo e documentandomi in rete ho appreso che patologie neuropsichiatriche tipiche di alcune razze sono all’origine di comportamenti non usuali quali episodi di allucinazioni visive con predazione di prede immaginarie e possibili aggressioni al proprietario.

Mi rendo conto che per alcuni proprietari sia difficile avere percezione di tali conoscenze dal momento che hanno difficoltà a comprendere che il banalissimo guinzaglio potrebbe davvero prevenire tante sciagure.

Quando accadono tragedie come quelle ultime (cani che provocano la morte di una persona) immediata è la corsa a discolpare l’animale cercando affannosamente di individuare una qualche colpa nel proprietario  definito “cattivo”. Prescindendo dalla esatta e corretta individuazione del proprietario (dal momento che il cane vive all’interno di una comunità solitamente composta di più individui)  questa Impostazione appare fallace per almeno due ordini di motivi.

Il primo. La tutela dell'animale (doverosa e necessaria tanto da assurgere a principio fondante della nostra Costituzione) non può in alcun modo essere anteposta alla tutela di un interesse di altrettanta costituzionale rilevanza come quello più ampio della tutela della incolumità e sicurezza pubblica.

Il secondo motivo riguarda il nostro sistema normativo che prevede la responsabilità oggettiva. Perché si abbia la responsabilità del proprietario di un cane non si deve aver riguardo alla condotta del suo proprietario o padrone quanto invece al fatto materiale da quel cane posto in essere, cioè al fatto che l'incidente si è verificato a causa di quel cane, indipendentemente dalla condotta del suo padrone o proprietario. Quello che conta è il fatto proprio dell'animale “secundum o contra naturam”, comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto o moto dell'animale che dipenda dalla natura dell'animale medesimo e che prescinde dall'agire dell’uomo.

Ecco, quello che conta è il fatto proprio del cane. E il fatto proprio dell’animale tanto avrà conseguenze più severe quanto più vi sarà pericolosità riconducibile non al cane ma alle conseguenze di quel fatto riconducibile a quel cane. E le caratteristiche naturali o da noi indotte su quel cane fanno la differenza in termine di danno.

Possiamo contenere questa pericolosità? Temo sia alquanto difficile. Possiamo accettare il rischio in dispregio della tutela della incolumità (di umani e non umani) e sicurezza pubblica. Diversamente la reazione di chi ne ha competenza e legittimazione deve essere decisa. Andare alla radice del problema. E se necessario, rimuoverne la causa.

Le attuali norme, civili, penali e amministrative intervengono quando il danno è stato gìà prodotto. Con gli evidenti limiti che consociamo e dunque occorre impedire che il danno venga fatto. La palla passa al Legislatore quale esso sia. Non possiamo attendere il tempo che stiamo attendendo per la legge sul circo, così prolungando la sofferenza degli animali che ne son ancora utilizzati da governo in governo.

fp