Cassazione penale, sez. III, sentenza 13/05/2011 n° 18892
La Corte di Cassazione penale conferma la condanna di un cacciatore reo di avere abbandonato il proprio cane, munito di microchip, successivamente rinvenuto all'interno dell'abitazione di altra persona che dichiarava il ritrovamento del cane nei pressi della propria abitazione alcuni mesi prima in condizioni di totale denutrizione e malato, cui era seguita dopo qualche tempo la denuncia al servizio veterinario. L’articolo di riferimento è il 727 c.p.
Poco credibile la giustificazione dello smarrimento del cane durante una battuta di caccia posto che alcuna denuncia in tale senso era stata presentata dal cacciatore nonostante suoi fedelissimi amici (non parlo dei cani ovviamente) avessero riferito di uno smarrimento dell'animale durante una battuta di caccia e della inutilità delle ricerche compiute nella immediatezza e “anche” il giorno dopo.
Il cacciatore non si da pace, poverino, di come si sia potuto applicare l'art. 727 c.p. dal momento che, a suo dire, vi era una netta distinzione tra lo smarrimento dell'animale e l'abbandono che presuppone una condotta volontaria. Accettava la sanzione amministrativa comminata per malgoverno di animali e, a tutto voler concedere, l'ulteriore violazione, sempre di carattere amministrativo, prevista dall'art. 17 n. 5 della L.R.P. n. 12 del 3.4.1995 in termini di mancata denuncia di smarrimento del cane.
Per la Corte invece la certezza della condotta di abbandono è desumibile dal rinvenimento dell'animale presso l'abitazione di altri (che provvedeva successivamente a fare denuncia al servizio veterinario) e dalla mancata presentazione della denuncia di smarrimento. Se si fosse trattato di smarrimento sarebbe stato logico attendersi che fosse il proprietario ad adoperarsi per ritrovare il cane denunciandone la scomparsa dal momento che il cane era dotato di microchip.
Quanto all’art. 727 c.p. per la Corte la nozione di abbandono enunciata dal primo comma postula una condotta ad ampio raggio che include anche la colpa intesa come indifferenza o inerzia nella ricerca immediata dell’animale. Comportamenti incompatibili con la volontà di tenere con sé il proprio animale. Ed è questo, a mio avviso, un passaggio molto importante della sentenza che mostra la sua attualità. Tale indifferenza, si legge in sentenza, in controtendenza con l'accresciuto senso di rispetto verso l'animale in genere (eravamo nelle 2011) è avvertita nella coscienza sociale come una ulteriore manifestazione della condotta di abbandono che va dunque interpretato in senso ampio e non in senso rigidamente letterale come pretende avrebbe preteso il cacciatore. Il diritto positivo lascia il posto al diritto vivente.
Ma vi è di più.
A dire della Corte di Cassazione ben può sostenersi che, nel comune sentire, qualificarsi l'abbandono può manifestarsi come senso di trascuratezza o disinteresse verso qualcuno o qualcosa; o anche mancanza di attenzione. Mi vengono in mente quelle semper più frequenti situazione di volontario abbandono (o non ritiro) di cani lasciati all’interno delle pensioni per cani, dove i giudici non sempre individuano una ipotesi di abbandono.
Un ulteriore passaggio che trovo assai importante se riferito al mai risolto dibattito sulla soggettività in capo agli animali è quello per cui la Corte richiama l'art. 591 c.p. in tema di abbandono di persone incapaci. Anche in tali casi per abbandono va inteso l'omesso adempimento, da parte dell'agente, dei propri doveri di custodia e cura e la consapevolezza di lasciare il soggetto passivo in una situazione di incapacità di provvedere a sé stesso.
E con riferimento agli animali, viene delineata in modo non dissimili la nozione di abbandono da intendersi quindi non solo come precisa volontà di abbandonare (o lasciare) definitivamente l'animale, ma di non prendersene più cura ben consapevole della incapacità dell'animale di non poter più provvedere a sé stesso come quando era affidato alle cure del proprio padrone.
Una mia considerazione personale. Anzi un personale ricordo e omaggio alla mia Bea. Un setter inglese misto non so bene cosa. Sicuramente un ex cane da caccia, usato da qualche bastardo sino a quando ne ha avuto bisogno. Poi abbandonata, anzi rottamata come si fa con le macchine e fortunatamente ritrovata da qualche anima pia. Quindi custodita sino a quando siamo arrivati noi, una Pasqua piovosa di parecchi anni fa. Mi piacerebbe incontrare quell’ “anima nobile” che le ha tatuato il marchio CE (Caserta?) sulla pancia. Che le ha letteralmente segato i denti perché non rovinasse la preda. Che le ha a provocato sordità da un orecchio verosimilmente colpendola con il manico del fucile o usandole altra e più affettuosa cortesia.
Ciao Bea, ovunque tu sia.