Non può essere negato. Prima di essere un problema giuridico è (e rimane) un problema di rapporti interpersonali. Delicati. Da una parte un figlio che chiede e dall’altra un genitore che si oppone a concedere. Parrebbe una questione contronatura. Lasciando alla storia personale di ogni individuo il problema etico, occupiamoci di quello che dice la norma. E soprattutto, di come la giurisprudenza interpreta la norma.
La norma è l’art. 337-septies del codice civile c.c.. secondo cui il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto.
La giurisprudenza è quella di una recentissima pronuncia, 2 luglio u.s., la n. 18785 della prima sezione della Cassazione civile.
Un padre -separato- contesta l’obbligo di mantenere la propria figlia (trentaduenne oggi ma di anni ventisei all’epoca del giudizio oggi impugnato avanti la Cassazione) evidenziando in questa una scarsa propensione agli studi e una debole inclinazione al lavoro.
La Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la revoca dell'obbligo di mantenimento come richiesta dal padre ce come decisa dal giudice di appello.
Di seguito alcuni principi che si possono leggere scorrendo le motivazioni della sentenza testa richiama.
L'assegno di mantenimento non ha una funzione assistenziale incondizionata in favore dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata. La sua funzione è di carattere educativo avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per l'inserimento nella società del proprio pargolo. Tale obbligo viene meno (solo) qualora il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica è riconducibile alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali oppure dipenda da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro.
Sarà il Giudice a valutare caso per caso tenendo conto dell'età, dell'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, dell'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa e della complessiva condotta personale tenuta dal beneficiario. Un indice è il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso. Una condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole.
Principi già espressi in un recente e significativo arresto sempre della Cassazione, con l’ordinanza n. 17138 del 2020. In via estremamente riassuntiva sono stati individuati come fattori che giustificano il sorgere del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente una condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali; la prosecuzione diligente di studi ultra liceali con diligenza, da cui si desuma l'esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l'adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso; l'essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell'ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sè idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro; la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l'effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, che siano o meno confacenti alla propria specifica preparazione professionale.