Tizio è condannato in primo e secondo grado per riciclaggio di un cane di provenienza illecita. In buona sostanza Tizio al fine di ostacolare la individuazione della provenienza delittuosa del cane (un pastore tedesco a pelo precedentemente rubato) identificato con un certo numero di microchip, aveva sostituito questo numero identificativo apponendovi quello con altro numero corrispondente sempre ad un pastore tedesco a pelo corto e già di sua proprietà.
Orbene a prescindere dall’aspetto giuridico della vicenda di cui brevemente dirò, quello che deve essere chiaro è che un cane è stato sottratto a qualcuno con scopi maligni. Questo significa che occorre sempre e comunque stare attenti. Mai abbassare la guardia. Può succedere. Succede. E quando succede è come se ti rubassero l’anima.
Tizio incassate le due condanne non contento ricorre in Cassazione dove però non riesce a mutare il proprio destino, segnato in modo irreversibile dai precedenti gradi di giudizio.
Per la Corte di Cassazione numerosi erano i dati istruttori che dimostravano la commissione del reato e tra questi la condotta dell'animale che aveva manifestato di riconoscere il padrone estrinsecando chiari segni di affetto come il fatto che si era avvicinato al recinto allorquando era stato chiamato con il suo nome.
Mi soffermo brevemente sugli aspetti giuridici della vicenda.
Per la Corte di Cassazione l’avere sostituito il microchip - che è indubbiamente elemento identificativo dell'animale e del suo proprietario - al fine di non rendere individuabile la provenienza delittuosa dell’animale (cioè che il cane era stato rubato) integra il reato di riciclaggio (art. 648 bis c.p.) che viene integrato non soltanto dalle condotte tipiche di sostituzione o trasformazione del bene di-origine illecita ma "da ogni altra operazione diretta ad ostacolare l'identificazione" dell'origine delittuosa del bene.
Di alcun pregio l’argomentazione di Tizio secondo cui il cane si sarebbe allontanato da solo posto che -fa notare la Cassazione- nella specie sarebbe comunque ravvisabile la fattispecie di furto.
Ugualmente privo di pregio il richiamo all’art. 925 del codice civile per cui paragonato il cane ad una res nullius dal momento che il proprietario non ne avrebbe preventivamente e formalmente richiesto la restituzione, lo stesso Tizio ne avrebbe acquistato la proprietà dell'animale così venendo meno i presupposti del reato di riciclaggio. Ipotesi quella richiamata da Tizio di allontanamento spontaneo del cane senza interventi di terzi. Interventi che invece -nella forma di condotte ostruzionistiche e fraudolente di Tizio - sono state dimostrate e provate considerando peraltro che il reato presupposto (cioè quello di furto) non deve essere provato ma deve risultare, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti, almeno astrattamente configurabile. E nel caso in esame i giudici di merito non si sono limitati a supporne l'esistenza bensì lo hanno oggettivamente ricavato proprio sulla base del carattere sospetto delle operazioni e/o comportamenti condotti o riferibili a cane.