October 1, 2022

RIFLESSIONI GIURIDICHE E NON SUI DANNI CAGIONATI DA FAUNA SELVATICA

All’origine della vicenda processuale una collisione tra un veicolo e un gruppo di cinghiali, in terra toscana. Danni a cose e persone. Segue una richiesta di risarcimento, quindi un giudizio civile che giunge sino in Cassazione. Prima di affrontare, brevemente, la parte giuridica, alcune considerazioni non giuridiche.

Una volta era l’umano che doveva uscire dalla città per andar a trovare loro, gli animali selvatici. Per poterli avvistare, ammirare. Oggi sonno loro che vengono a trovare noi, avvicinandosi sempre più alle città, finanche insediandosi in esse. Un non equilibrio foriero di non pochi problemi che l’uomo crede di potere risolvere nell’unico modo che conosce, e cioè togliendo di mezzo chi non è più gradito. Dimenticando, colposamente, anzi dolosamente, che prima erano a lui graditi. Alcuni più di altri.

Ricordo con tenerezza e velata malinconia quando anni fa, con i bambini ancora piccoli, percorrendo in auto meravigliose strade di montagna si stava con gli occhi aperti e rivolti verso l’alto alla ricerca di qualche meravigliosa presenza animale che avesse deciso di farsi intravedere e ammirare. Oggi questi avvistamenti spesso si trasformano in incontri molto ravvicinati, con pericolo per loro e per noi. Ho ancora nelle orecchie il secco tonfo avvertito una sera di qualche anno fa, in prossimità di Marina di Campo, isola d’Elba. Improvviso. Era buio e procedevo a velocità moderata quando un grosso cinghiale in corsa sbuca letteralmente dal bosco. Ha la fortuna di andare così veloce da essere investito solo dalla parte anteriore sinistra della mia auto. Con la coda dell’occhio lo vedo scivolare sull’asfalto. Una volta terminata la scivolata e ripresosi, si immerge nuovamente nella boscaglia dileguandosi.  Mi fermo dopo qualche metro, inverto la marcia e cerco di capire se fosse ancora in zona, magari ferito, così da chiamare i soccorsi. Evidentemente era già lontano.

In tanti altri incidenti con la fauna selvatica purtroppo le conseguenze sono diverse. Per l’animale e per l’uomo. Quando vengono pubblicate notizie riferibili a incidenti di questo tipo solitamente si scatenano sui social insulti all’indirizzo di colui che ha provocato la morte dell’animale rimasto coinvolto. Pur nulla sapendo della dinamica dell’incidente, si disprezza aprioristicamente l’umano. Si solidarizza con l’animale non umano, anche quando a farsi davvero male è stato magari solo l’umano. E’un approccio che ritengo poco serio e irrispettoso.

Le cause di questi incontri troppo ravvicinati sono diverse e complesse. Noti, se vengono presi in considerazione, i problemi creati in danno delle economie locali determinati da questo eccessivo e non controllabile avvicinamento di animali selvatici alle città o paesi.  Interessanti le soluzioni proposte, tutte nella direzione di non considerare lo sterminio della fauna selvatica come il rimedio migliore. Purtroppo da noi in tema di animali si continua a discutere del sesso degli angeli e, archiviato l’agone politico, si richiudono i cassetti parlamentari dove impolverati fascicoli tornano dormienti sino alla prossima tornata elettorale. I sostenitori del benessere animale destinati evaporano velocemente. In California è in progetto la costruzione del più grande ponte del mondo per animali che sarà verosimilmente ultimato nel 2025 vicino a Losa Angeles. Ponte che attraverserà la superstrada a 12 corsie che collega proprio Los Angeles con la contea di Ventura, luogo in cui vive un felino (puma concolor o leone di montagna) che proprio a causa di questa autostrada rischia l’estinzione per isolamento (mentre la morte per attraversamento è quasi una certezza). Il costo dell’opera è elevatissimo ma pare sostenibile grazie (solo) a donazioni. Si tratterà di un ponte ecologicamente straordinario che riprodurrà fedelmente l’ambiente naturale circostante. Solo l’idea -anche qualora non troverà definitiva esecuzione- merita un plauso. Da noi invece si continua a discutere del nulla.

E quindi, come da sempre accade, nel silenzio dell’organo deputato a legiferare, la parola spetta inevitabilmente alla magistratura e dunque è la giurisprudenza che detta i tempi. Originariamente nelle ipotesi di incidenti nei quali rimanevano coinvolti animali selvatici neanche si ipotizzava una responsabilità riconducibile alla fauna selvatica dal momento che essa era considerata  res nullius, cosa di nessuno. Divenuta proprietà dello Stato in conseguenza della legge n.157/1992, e come tale amministrata dalle Regioni, le cose sono cambiate. La giurisprudenza per un lungo periodo ha ritenuto l’articolo 2043 del codice civile il criterio di imputazione per questo tipo di responsabilità. Il danneggiato (l’automobilista che avesse riportato danni alla propria auto o fosse rimasto ferito) doveva rivolgere la richiesta di risarcimento danni nei confronti della Regione all’interno della quale si era verificato l’incidente, dovendo altresì lui stesso provare la colpa di quella (della Regione) nella causazione dell’incidente (per non avere posto recinzione, cartelli, per essere stata insomma negligente).

Anche il lettore meno avvezzo alle vicende giuridiche comprenderà una oggettiva difficoltà in cui si veniva a trovare il danneggiato. Difficoltà all’origine di un mutamento di prospettiva che ha condotto la giurisprudenza ad individuare non più nell’art. 2043 bensì nell’art. 2052 del codice civile il criterio di imputazione della responsabilità.  Per intenderci l’art. 2052 c.c. è quello che disciplina la responsabilità del proprietario per i danni cagionati dall’animale. E gli animali selvatici sono animali, al pari degli animali d’affezione; il proprietario o chi ne ha l’uso  (della fauna selvatica) è la Regione che  rimane il soggetto tenuto a risarcire i danni provocati da impatto con animali selvatici e, liberatosi il danneggiato dal dovere provare la colpa della Regione, sarà quest’ultima a dovere provare il caso fortuito per andare esente da responsabilità.

L’automobilista o motocilista danneggiato non deve però limitarsi a dimostrare la presenza dell'animale sulla carreggiata o l'impatto tra l'animale ed il veicolo. Deve dimostrare anche e soprattutto l'esatta dinamica del sinistro dalla quale emerga che egli aveva adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida e che la condotta dell'animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui - nonostante ogni cautela - non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto (così superando  la presunzione di concorso di colpa prevista dall’art. 2054 comma 1 sempre del codice civile). Dal canto suo la Regione dovrebbe invece dimostrare che la condotta dell'animale si sé posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, non ragionevolmente prevedibile e comunque inevitabile e ciò anche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna  concretamente esigibili.

Oggi la recente ordinanza della  Cassazione civile, sezione VI datata 23 settembre 2022 e recante il numero 27931 lo ha ribadito, inserendosi in una scia copiosa di sentenze di legittimità precedenti a questa. Lo stato dell’arte in tema di danni cagionati da fauna selvatica riconosce il consolidato principio per cui questi danni sono risarcibili dalla P.A. a norma dell'art. 2052 c.c.. nei limiti e secondo i presupposti di cui sopra detto.