November 7, 2022

RUMORI CAUSATI DA ANIMALI E RAPPORTI DI VICINATO

Le liti originate dal rumore, nelle sue diverse forme, sono all’ordine del giorno. Non poche volte i toni vanno davvero oltre. E spesso all’origine di queste faide vi sono  “rumori” provenienti da animali. Come nella vicenda in commento, che ha condotto alla pronuncia della Cassazione civile n. 21621 del 202. La lite scaturisce per la presenza, all’interno della proprietà di uno dei due litiganti, di  numerosi animali tra cui galli, galline, cani, tortore.

Perché è interessante questa pronuncia? Per il principio affermato tenuto conto di quanto sia ricorsiva questa situazione.

UNO. In tema di immissioni rumorose per dimostrare la loro intollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c. occorre procedere con accertamenti di natura tecnica (prove fotometriche) di regola compiuti mediante apposita consulenza d’ufficio.

DUE. Nella vicenda in commento i “vicini rumorosi”, immediatamente dopo la notifica dell'atto di citazione hanno però trasferito altrove gli animali e dunque ogni indagine di natura tecnica si era resa impossibile, mancando lo stesso oggetto su cui svolgere le indagini peritali.

TRE. Nel caso in esame non è oggetto di accertamento la violazione dei limiti prescritti dalla normativa sul cosiddetto inquinamento acustico la cui finalità è quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare, come in questo caso,  i rapporti di vicinato dove solitamente  si hanno emissioni rumorose discontinue e spontanee difficilmente riproducibili e verificabili su un plano sperimentale.

QUATTRO. Ergo i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall'art. 844 c.c. non debbono essere necessariamente di natura tecnica.

CINQUE. Il pur apprezzabile comportamento dei convenuti, che a fronte della domanda attorea hanno inteso far cessare la condotta che era causa delle immissioni sonore, non può però altresì pregiudicare il diritto degli attori a conseguire un ristoro per il pregiudizio, nella specie di carattere non patrimoniale, determinato dall'illegittima condotta protrattasi per un considerevole numero di anni.

SEI. Precludere al giudice di riconoscere il carattere della intollerabilità, anche avvalendosi di mezzi di prova diversi dalla consulenza tecnica d'ufficio, equivarrebbe ad attribuire alla condotta unilaterale del danneggiante la possibilità di vanificare il diritto al risarcimento del danno.

SETTE. Dalle prove offerte deve però necessariamente emergere l'effettiva dimostrazione dei caratteri delle immissioni tali da generare il diritto al risarcimento del danno. Nel caso sin questione emergevano una serie di diffide provenienti dal Comune e dall'ASL, dalle quali emergeva la presenza sul fondo dei convenuti di numerosi animali e tali accertamenti, tenuto conto dell'ubicazione dei fondi, siti in una zona agricola, non interessati da intensa circolazione stradale o da altre sollecitazioni acustiche, consentivano -pur in assenza di accertamenti tecnici- di affermare che fosse stato superato il limite di tollerabilità che determinava l'esistenza di un danno in re ipsa.

OTTO. In sede di giudizio poi interrottosi era peraltro stato evidenziato un nesso di causalità tra le patologie riscontrate e le immissioni sonore, ove queste fossero state effettivamente documentate come intollerabili. E dal momento che tali immissioni erano state dimostrate intollerabili il danno poteva essere riconosciuto, in via equitativa, e riferibile non già ad un pregiudizio in termini di invalidità permanente o inabilità temporanea (danno biologico), ma come pregiudizio alle abitudini di vita, al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti.