Tante volte ho raccontato l’art. 2052 del codice civile, quello che “inchioda” il proprietario di un animale alla propria responsabilità nel caso quello - l’animale - cagioni un danno a persone o cose. Ripropongo il medesimo tema ma in una forma diversa, meno legalese. Immaginate di andare a trovare un antico amico a casa sua. Dopo il fraterno abbraccio vi sentite in dovere di raggiungere la di lui madre in altra e diversa stanza della casa per un ossequioso saluto. In quella stanza oltre alla mamma del vostro amico c’è anche il suo cane (no hanno affatto importanza le dimensioni di quello) e voi non riuscite a trattenervi dall’accarezzarlo. Sentimento che non viene ricambiato dal momento che il cane vi morde la mano facendovi non poco male.
L’imbarazzo di entrambi, voi e il vostro amico, è alle stelle. Il dolore alla mano pure
Con pacatezza e misura l’amico, dispiaciuto, vi fa notare due vostre leggerezze. La prima è di essere entrato improvvisamente nella stanza facendo spaventare il cane. La seconda e’ averlo accarezzato sulla testa. A dire del mio amico, che ha studiato diritto alle superiori, le due leggerezze si potrebbero leggere come caso fortuito e dunque elidere ogni sua responsabilità quale proprietario del cane.
Con altrettanta misura voi fate però notare all’amico che la di lui mamma la conoscete da immemorabile tempo e parimenti conoscete il simpatico cane da quando quello era ancora cucciolo. E che non era la prima volta che vi trovavate in quella casa e al cospetto della madre del vostro amico. Dunque è poco credibile che la vostra entrata nella stanza avesse costituito un fatto imprevedibile ed eccezionale (il c.d. caso fortuito che si estende sino ad un comportamento colposo del danneggiato).
Chi ha ragione? Ebbene lo ha spiegato la corte di Cassazione (Cassazione Civile, Sez. III, 20 maggio 2016, n. 10402) in un caso analogo dicendo che perché il proprietario del cane possa essere considerato esente da responsabilità il fortuito deve potere ricondurre ad un elemento esterno e non all’animale che ne è fonte immediata. Vale a dire che il vostro amico avrebbe dovuto provare l’intervento di un fattore esterno idoneo a cagionare il danno che avesse i caratteri della imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità. Oppure avrebbe dovuto dimostrare una vostra colpa.
E qui viene il passaggio più interessante della sentenza. Questa colpa non sarebbe ravvisabile proprio perché voi conoscevate la casa, il proprietario del cane e la di lui madre, lo stesso cane fin da quando quello era cucciolo. La corte non esclude che il vostro comportamento abbia forse concorso eziologicamente a causare il morso del cane ma non è stato tale da poterlo considerare quale fatto colposo che abbia concorso a cagionare il danno.