Il Tar Lombardia bissa
A quasi un anno da una importante sentenza del Tribunale amministrativo della Lombardia, ne registriamo un’altra, sempre in tema di collare a strozzo (nome di per sé piuttosto evocativo). Due sconfitte pesanti per coloro che ne sostengono l’utilizzo.
Cambiano i resistenti (Comune di Bergamo nel 2022, Comune di Treviglio nel 2023), medesimo è il ricorrente (una certa associazione di allevatori e addestratori di cani) come anche la richiesta di annullamento di quella parte del Regolamento Tutela e benessere animali dove viene qualificato l’utilizzo di collari a strangolo (o a strozzo) come forma di maltrattamento degli animali. La prima è la sentenza n.813 del 30 agosto 2022. La seconda è la sentenza del 2 agosto 2023, n. 651.
Provo a sintetizzare i passaggi salienti di quest’ultima sentenza.
Il T.A.R. nel premettere che le disposizioni di cui all’art. 105 commi 2 e 6 della LR 33/2009 rappresentano -in tema di benessere degli animali- linee guida per la disciplina regolamentare della Regione e i requisiti minimi di uniformità per l’esercizio della potestà regolamentare dei Comuni (e che l’art. 6 comma 6 del RR 2/2017, che pone una norma specifica per i cani, escludendo l’uso della catena o di similari strumenti di contenzione, tranne che per ragioni sanitarie certificate da un veterinario, e vietando in ogni caso di agganciare la catena a collari a strozzo) interpreta queste disposizioni come una sorta di livello minimo di benessere animale che non impediscono ai Comuni di estendere l’area dei comportamenti vietati in quanto potenzialmente nocivi per la salute e per l’equilibrio psicofisico degli animali.
Fatta questa considerazione, il Tribunale amministrativo lombardo di pone -secondo le argomentazioni della associazione ricorrente- il problema di individuare fino a che punto potesse essere estesa la tutela del benessere dei cani, e degli animali d'affezione in genere, quando fossero coinvolti interessi pubblici o privati di segno opposto (necessità addestrative; sicurezza nei contatti con le persone o con altri animali).
Orbene, sempre cercando di sintetizzare il più possibile le motivazioni della richiamata sentenza, dai pareri tecnici assunti sarebbe emerso che -pur considerando che i danni più gravi connessi all’utilizzo del collare a strozzo parrebbero riconducibili a comportamenti scorretti dei proprietari- l’utilizzo di collari a strozzo esporrebbe comunque gli animali a situazioni stressanti e al rischio di lesioni. Tenendo in debito conto che le esigenze dell’addestramento e della sicurezza potrebbero richiedere strumenti in grado di assicurare un blocco rapido ed efficace dell’animale, l’utilizzo della pettorina (e oggi in commercio ne esistono di diversi tipi, tra cui anche pettorine antifuga dotate di agganci particolari che impediscono al cane di sfilarsi da essa consentendo al cane di poter muovere il collo, meccanismo fondamentale nella comunicazione, e di poter annusare correttamente senza interruzione di flussi d'aria, atteggiamento assolutamente necessario per un cane, che ha una percezione della realtà principalmente olfattiva) è parso costituire una alternativa al collare a strozzo salvo dimostrarsi la non perfetta sostituibilità dei due strumenti.
Dimostrazione che -si legge in sentenza- è però mancata nel ricorso, sia in generale sia con riguardo a situazioni particolari. Da tanto non può non seguire il rigetto del ricorso.
fonte: osservatorioagromafie.it