October 22, 2021

SIAMO CERTI CHE LASCIARE IL CANE IN AUTO SIA SEMPRE REATO?

La  domanda che pongo è mal posta, ma provocatoria.

Mal posta perché le valutazioni non possono che essere “caso per caso" dal momento che le norme sono generali ed astratte. Mal posta perché la sola lettura di una sentenza spesso non permette una valutazione di pregio dei fatti che ne sono all’origine.

Provocatoria perché Bea (il mio cane) ama restare in auto anche per lungo tempo e, per una serie di ragioni, lasciarla in auto in alcune occasioni è diventata quasi una necessità. Non me lo ha mai confessato ma io, come ogni umano, ho la presunzione di avere intuito che tale soluzione è da lei gradita.  E’ evidente che un briciolo di ragionevolezza impone alcune accortezze elementari prima di lasciare un cane in auto.

Sia chiaro che il mio non è un invito a lasciare bellamente il proprio cane in auto.  E tantomeno non intendo esprimere valutazioni di carattere etologico non avendone alcuna competenza. Vi sono però delle situazioni che ciclicamente si ripropongono. Alcune più ricorsive e riferibili agli animali d’affezione, affrontate in modo “pendolare” dalla giurisprudenza.  Una pendolarità che temo possa inficiare le stesse sentenze con effetti destabilizzanti sui destinatari delle norme.

Una di queste situazioni è quella che ha originato la sentenza della terza sezione penale della Cassazione, la n. 36713/2021, che ha condannato una persona per avere lasciato durante la  notte dell’ultimo dell’anno -per oltre tre ore -due cani chiusi all'interno di un'autovettura parcheggiata lungo la pubblica via. E’ stato contestato - e riconosciuto ipso facto- il reato contravvenzione di cui all’art. 727 del codice penale (detenzione attuata in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze).  

Per i giudici, l’abitacolo di un'autovettura (di dimensioni anguste) risulterebbe ambiente diverso da quello che è l’habitat naturale per un cane considerando:  la durata della permanenza  (tre ore) dei due cani al suo interno; che si tratta di due esemplari di grossa taglia;  che non sono state rinvenute ciotole per l’acqua; che il fatto si è svolto in una notte invernale senza adeguata protezione dalle intemperie. Tanto è stato ritenuto idoneo a provocare quelle gravi sofferenze che configurano  l'elemento costitutivo del reato contravvenzione di cui all’art. 727 cp. Sofferenze che, sottolinea la Corte, prescindono da lesioni dell'integrità fisica dell’animale incidendo invece sulla sua sensibilità come essere vivente.  

A tale decisione si può pervenire, si legge in sentenza, senza che sia necessaria una consulenza tecnica finalizzata ad accertare tali sofferenze. Secondo consolidata giurisprudenza la detenzione impropria di animali, produttiva di gravi sofferenze, va considerata, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), attingendo al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali.

A mio modesto avviso è questo il passaggio forse discutibile.

Provo a spiegare perchè. Tra le due  ipotesi possibili, è stata scelta quella a più favorevole all’imputato. L’altra ipotesi avrebbe potuto essere essere l’applicazione dell’art. 544 tre cp e dunque una condanna per maltrattamento. Più severa. Che il fatto non fosse riconducibile né all’una né all’altra ipotesi non è stato però preso neanche in considerazione. In virtù di cosa?

Della comune esperienza, per cui se ne dovrebbe dedurre, che ogni cane lasciato in auto va incontro a gravi sofferenze  e, nel caso specifico, delle condizioni di nervosismo accertate non da un veterinario o, meglio ancora, da un etologo ma degli agenti verbalizzanti (sarebbe interessante leggere cosa  hanno verbalizzato).  Che si sia trattato di due esemplari di grossa taglia nulla dice allo scrivente non conoscendo lo spazio a disposizione dei due cani.  Che non sono state rinvenute ciotole per l’acqua potrebbe aprire irrilevante  sol considerando il periodo (31 dicembre e non 15 agosto). Che  non vi fosse adeguata protezione dalle intemperie nulla aggiunge non essendo noto quali fossero le intemperie di quella notte e immaginando non si trattasse di una autovettura decappottabile.

In casi come quello di cui alla sentenza in commento, una volta esclusa l’opzione di un atto preordinato a comportamenti contro natura del cane/i, sarebbe più opportuno accertare -e non solo supporre-  un effettivo pregiudizio a carico dell’animale. E solo dopo ipotizzare la commissione di un reato oppure escluderla. La mancanza di acqua, di spazio o finanche il pregiudizio riferibile alle intemperie sono certo indici. Di un qualcosa che deve essere però accertato da chi è in grado di farlo. E non solo presunto. Almeno in determinate situazioni. E quella di cui alla sentenza in commento lo è. Proprio per la ricorsività del fatto. Che, senza che si urli allo scandalo, può essere un fatto non ascrivibile ad alcuna delle due ipotesi di reato, delittuosa o contravvenzionale.  Soprattutto quando ai cani è fatto ancora divieto di accedere in tanti luoghi. Per legge o unilaterale decisione di un umano.

Mi auguro peraltro che la medesima severità venga applicata in altre  circostanze (penso al danno morale per la morte dell'animale d'affezione) pur temendo che continueranno ad esserci, ancora per un periodo indeterminabile, decisioni caratterizzate da un moto pendolare.