Caro amico o amica che hai avuto la cortesia di iniziare a leggere queste mie considerazioni, mi auguro Tu abbia la pazienza di leggerle sino in fondo. Il traffico di cani - ne hanno parlato qualche giorno fa a Presa Diretta, Rai Tre, ingiustamente criticandone il taglio che è stato dato al programma- è un odioso (e pericoloso) traffico di esseri viventi. Per di più senzienti. Una piaga che, purtroppo, nonostante si rivendichi solennemente e salomonicamente una sensibilità per gli animali mai registrata prima, è oggi poca conosciuta, forse solo ignorata. I numeri, in termini di animali compromessi, il fatturato che gira intorno a questo traffico e soprattutto le conseguenze in danno degli animali, imporrebbero invece di limitare la nostra ignoranza per comprendere in modo adeguato di quale crimine si tratti.
Perchè, caro amico o amica, di questo si tratta. Quando il dito clicca il tasto invio sulla tastiera concludendo una transazione che ha ad oggetto l’acquisto di un essere vivente (un cucciolo visto tra tanti sul tuo cellulare), quando ti rechi in qualche improbabile allevamento, magari casalingo, o acquisti il tuo desiderato cane in qualche negozio che magari è attenzionato dalle forze dell’ordine, stai in un certo senso agevolando un crimine. Un reato previsto dalla legge n.201/2010 che punisce colui che introduce nel territorio nazionale animali da compagnia privi di sistemi per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie come colui che al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, trasporta, cede o riceve a qualunque titolo animali da compagnia introdotti nel territorio nazionale in violazione di quanto prima ricordato. L’introduzione illecita di animali da compagnia realizzata che non presuppone una attività organizzate costituisce l’illecito amministrativo.
La violazione della legge penale non è l’unica nefandezza conseguenza di questo traffico che, per fatturato, pare essere immediatamente dopo quello della droga e delle armi. Non trascurabili i rischi riferibili al mancato rispetto delle norme in materia di profilassi obbligatorie; come anche le conseguenze spesso irreversibili in danno degli stessi animali destinati a morte quasi certa, con conseguenze “patrimoniali e non” in danno di coloro che ne erano divenuti “negligenti” proprietari e che magari hanno acquistato a prezzi incredibilmente bassi cuccioli “oggetto” di questo immondo mercato. Senza dimenticare che il traffico di cani integra inevitabilmente il reato di maltrattamento di animali. Sono infatti note, anzi dovrebbero essere note le problematiche irreversibili e gravi (sia sotto il profilo di patologie contratte che disturbi comportamentali) che accompagnano per tutta la vita -quando hanno una vita- i cani coinvolti nel traffico clandestino. Cani che, sempre caro amico o amica che stai ancora leggendo queste mie riflessioni, qualora riescano a sopravvivere a tale forma di indicibile sfruttamento, sono non poche volte destinati alla solitudine del canile.
Sono convinto che questo odioso fenomeno non sia risolvibile solo sotto il profilo delle norme, della repressione sanzionatoria. Questa sciagura può essere contrastata soprattutto sotto il piano culturale. Solo la conoscenza e metabolizzazione di quello che comporta questo immondo traffico di esseri viventi potrà prima ridurre e poi forse debellare la vera causa che è alla base di esso: la domanda. Senza domanda non ci sarà offerta. Ancora una volta, a costo di essere noioso e ripetitivo, ricordo che l’affermazione del benessere animale sia una battaglia ancora lunga, nonostante alcuni ritengano si sia raggiunto un importante traguardo con la recente modifica costituzionale. Quei falsi positivi di cui ho già parlato in altre occasioni che sempre si rinnovano sempre.
Concludo citando un invito tratto da un interessante articolo ( www.rivistadga.it) sul tema dove si sottolinea la immensa importanza del ruolo del veterinario -pubblico e privato -nel contrasto a questo traffico. Importanza sottolineata con parole di alto e profondo senso etico e civico anche da Don Luigi Ciotti in occasione di un Consiglio Nazionale Fnovi. Una professione, quella del veterinario che, come ha ricordato Don Ciotti, “ha un potenziale etico altissimo perché si occupa di creature viventi e la cura, il rispetto e la salute degli animali è parte della custodia del creato”.
Filippo Portoghese
EARTH