January 9, 2023

CAANI ABBANDONATI IN PROSSIMITA’ DI CANILI :SI CONFIGURA UN REATO?

Il tema della sentenza in commento (sentenza n. 49471/2022) ci propone una vexata quaestio così riassumibile: lasciare alcuni cani davanti ad un canile o comunque presso un luogo istituzionalmente deputato a prendersi cura di loro configura una ipotesi di reato e in particolare quella di cui all’art. 727 del codice penale?

Un simile comportamento -assai praticato i talune zone del nostro “meraviglioso paese” è caratterizzato da quella necessaria trascuratezza o disinteresse  verso l’animale che viene in tal guisa lasciato sprovvisto di cure e necessaria custodia?

Si potrebbe invece sostenere che proprio la consegna dei cani al canile dimostrerebbe inequivocabilmente l’assenza di un ritenuto abbandono rilevando anzi, al contrario, un sentimento di empatia e una sensibilità lodevole di colui che avrebbe invece  -per avventura-  ritrovato sulla propria via cuccioli randagi?

La Corte di Cassazione penale con questa recentissima sentenza afferma che la condotta dell’abbandono dell’animale domestico si sostanzia nel distacco volontario dell’animale che, specie se trattasi di cane e in particolare di giovanissima età, rischia di mettere a repentaglio  la possibilità di sopravvivenza del cane stesso. Specifica la Corte che è irrilevante il luogo in cui il distacco è avvenuto e finanche irrilevante l’eventuale rifiuto all’accettazione del cane da parte del canile. L’elemento soggettivo del reato è da individuarsi nelle libera e cosciente volontarietà dell’abbandono, rilevatrice di indifferenza verso l’animale da parte di chi lo ha abbandonato.

La sentenza svolge  alcuni  passaggi degni di nota.   Alcuni in negativo.

Uno è quello in cui ancora affiora quell’anacronistico concetto di bene giuridico tutelato dall’art. 727 cp ancora individuato nel sentimento di comune pietà e di educazione civica nei confronti degli animali. Una sorta di catechismo giuridico. Il bene giuridico tutelato è solo il cane abbandonato, la sua dignità. Il suo essere animale vivente e senziente. Ed è la stessa Corte che peraltro lo riconosce laddove scrive -bontà sua- che quei cuccioli abbandonati proprio in quanto tali sono sono capaci di affezione all’uomo (non sempre può dirsi il contrario) e bisognevoli di accudimento.

Prendo spunto da questo passaggio per evidenziare come in via estensiva (e non analogica) si potrebbe configurare una ipotesi di reato acne in tutte quelle volte in cui il proprietario non dovesse più tornare riprendere il proprio cane precedentemente ricoverato in una struttura (pensione per cani, per esempio). Anche questa non è una eventualità remota. Purtroppo.

L’altro passaggio negativo è quello che richiama la eventuale  non applicabilità della tenuità del fatto ex art. 131 cp, circostanza sulla quale, benché richiamata dal difensore dell’imputato, non si era pronunciato il primo giudice.  Mancata pronuncia che -sola- ha determinato l’annullamento della sentenza di condanna emessa dal primo giudice limitatamente a tale punto.  Ebbene, a prescindere dall’esito della rivalutazione che verrà fatta dal primo giudice, la tenuità del fatto riferita a retai in danno degli animali è offensiva. Per gli animali ovviamente.