L’inchiesta Report sulla cinofilia italiana
Si parte dall’ Insubria Winner, ritenuto importante evento cinofilo riconducibile all’Enci dove, come ha correttamente sottolineato Giulia Innocenzi, si “tirano a lucido” i cani, quelli belli perché quelli brutti non ne hanno evidentemente dignità, e si “strippano” come ha spiegato una gentile toilettatrice intervistata (credevo avesse detto “stressano” ma poi su Raiplay ho avuto conferma che avesse detto “strippano”). Presupposti necessari, lucidatura e strippatura, per aggiudicarsi il mortificante concorso. Nella certezza che ogni cane goda nel vivere quei momenti che precedono le gare, tra luci, musica assordante e perpetuo rumore.
Spente le luci sfavillanti dei vari ring sempre Giulia Innocenzi ci ricorda come si allunghino le ombre di una genetica che spinge pericolosamente -e in maniera estrema -alcune caratteristiche delle razze. Stravolgendole. Come spiega senza sconti il mio amico Massimo Raviola, veterinario e autore del libro “Che razza di bastardo”.
Sono sempre più convinto che se il cane è sicuramente il migliore amico dell’uomo, l’uomo può diventarne il peggiore nemico. Senza volere esprimere giudizi etici credo occorra prendere consapevolezza che l’acquisto di un cane definito di razza implica un involontario concorso con un sistema che può avere derive verso il maltrattamento genetico, soprattutto in danno di alcune tipologie di cani, quelli considerati, se mai possono considerarsi tali, più di moda. Non è un caso che, contrariamente a quanto avviene in medicina umana dove alcune patologie insorgono solitamente in età avanzata, in medicina veterinaria queste stesse patologie interessano in moltissimi casi cani ancora giovanissimi.
Può esistere una selezione animale rispettosa e non maltrattante? Una selezione non finalizzata esclusivamente alla esaltazione dell’estetica dei cani che soddisfi una qualche carenza di noi umani in spregio della salute degli animali stessi? L’interrogativo, non di poco conto, non ha trovato una risposta in questa trasmissione che ha però consolidato qualche certezza. Soprattutto dopo avere sentito una volontaria di un rifugio di cani di razza che, intervistata sempre da Giulia Innocenzi, ha definito alcuni tra i cani più sfortunati pur essendo cani“di razza” come “fondi di magazzino”. Mai espressione è stata più tristemente azzeccata. Fondi di magazzino che magari vengono fatti correre in cinodromi che, colleghi coraggiosi in rappresentanza di associazioni animaliste, stanno tentando di fare chiudere ricorrendo al TAR.
Un mondo, quello della selezione di razza, che ruota attorno ad un certificato capace di creare impensabili profitti. Il pedigree, la cui veridicità è affidata ad una autocertificazione dell’allevatore senza che sia obbligatorio sottoporre ad esami o indagini diagnostiche i cani accoppiandi. Una pericolosa stranezza. Un rapporto sull’inquinamento del libro genealogico dei cani (iniziativa che prende vita da alcuni soci Enci) avrebbe evidenziato 400 casi di pedigree potenzialmente falsi. Documento recapitato al Ministro Lollobrigida e da questi, come lui stesso ha confermato, smistato ai competenti uffici del proprio dicastero perché lo analizzino. Ranucci, conduttore di Report, ha garantito che monitorerà la vicenda e siamo certi che lo farà. Auguriamoci che lo faccia anche il Ministero di Lollobrigida dal momento che è l’ente pubblico che deve vigilare sull’ente privato Enci. Un rapporto tra ente pubblico ed ente privato definito osmotico dallo stesso Ranucci e che ha i suoi natali nelle nomine, ab illo tempore, dell’ex ministro Alemanno. Uno dei momenti, quello della rievocazione della nomina dei titolari di importanti funzioni di responsabilità nel mondo Enci, più avvilenti della interessante inchiesta targata Report.
Inchiesta che non poteva non affrontare il tema dei cani pericolosi. L’Enci, per brocca del suo presidente, lo riconduce ad una filiera non controllata. Come direbbe qualcuno la domanda nasce spontanea: ma chi deve controllare la “filiera”? Enci rassicura che vengono eseguite verifiche zootecniche dove viene testata la parte caratteriale dei cani e che queste verifiche sono affidate a giudici Enci. Anche in questo caso ho dovuto riascoltare il passaggio su Raiplay per verificare se avessi capito bene. Avevo capito bene. Tanto che in Regione Lombardia si sta discutendo su di una proposta di legge relativa ai cani impegnativi che dovrebbe diventare finanche modello di una legge ordinaria. Il punto di forza di questa legge, nell’ottica di prevenire situazioni dii criticità irreversibili, viene affidato al c.d. test CAE 1. Si tratterebbe di una valutazione psicofisica e caratteriale affidata a esperti (non si sa di cosa) e giudici appartenenti tutti a ENCI i quali utilizzeranno questo test per il controllo dell’affidabilità e dell’equilibrio psichico dei cani e dei relativi padroni/detentori. Un delicato compito che non viene affidato a veterinari (e tra questi soprattutto a quelli comportamentalisti), a etologi, scienziati di varia natura e diversa competenza ma a soggetti interni ad Enci. Un test peraltro la cui attendibilità, come mi è stato spiegato, è assolutamente incerta. In buona sostanza si prende un binomio, cane e conduttore, lo si fa girare all’interno di un ring simulando ora un fatto ora un altro (un rumore, un bambino che piange, un tizio che si avvicina al cane o al suo conduttore) e si valuta la reazione dell’umano e del non umano. La valutazione del professionista (il veterinario esperto in comportamento animale) è solo successiva ad una valutazione che segnalasse un cane potenzialmente pericoloso.
Enci, per conto del suo presidente, ha dichiarato che è interesse primario quello di contrastare il doping (pare finalizzato alla sedazione dei cani per renderne più agevole l’addestramento e esaltare le prestazioni nelle varie competizioni). Anche se, come ha dimostrato l’inchiesta di Report, dai bilanci Enci la voce di spesa relativa tale contrasto pare davvero irrisoria.
Concludo con una mia personale considerazione su quella che potrebbe apparire il capro espiatorio di un mondo, quello della cinofilia, in cui non sono poche le criticità. Mi riferisco all’on. Brambilla alla quale è stata dedicata buona parte della parte iniziale dell’inchiesta. Sarebbe ingiusto, come ha pure sottolineato Sigfrido Ranucci, puntare i riflettori sul pure importante contributo economico che l'Enci elargisce in favore della trasmissione condotta dalla Brambilla sulle reti mediaset. Non era questo l’obiettivo dell’inchiesta. Le ragioni di questo lauto contributo le ha spiegato la stessa parlamentare e tale spiegazione credo abbia un senso. Senso avvalorato soprattutto dalla dichiarazione di chi -per conto di Enci- ha dichiarato che lo “sponsor” Brambilla non si è rivelato proficuo proprio per il fatto che nella trasmissione Mediaset “Dalla parte degli animaii”il messaggio principale è verso l’adozione degli animali non di razza. Questo credo sia più che sufficiente.
I problemi sono altri. Importanti. E riguardano esseri viventi che, credo, non amino essere "tirati a lucido e strippati”. “Non dobbiamo guadagnare la sua fiducia o la sua amicizia: è nato per essere nostro amico. Quando i suoi occhi sono ancora chiusi lui già crede in noi; prima ancora di nascere ha già dato se stesso all’uomo” (Maurice Maetrlink). Che poi in qualche caso ne approfitta senza scrupoli.