April 5, 2023

LA SORTE DELL’ANIMALE DOMESTICO A SEGUITO DELLA CRISI DI COPPIA ARRIVA IN CASSAZIONE

Cassazione civile, II SEZIONE, ordinanza n. 8459/2023 del 24 marzo

Siamo avanti il Tribunale di Padova. Due ex fidanzati litigano sul destino di un cane acquistato nel corso della precedente relazione affettiva stabile, ma breve,  intercorsa tra le parti. LEI chiede accertarsi la comproprietà del cane. LUI, sul presupposto di risultare formalmente proprietario, chiede dichiararsi la carenza di legittimazione attiva di LEI.

Il Tribunale di Padova ritenendo dimostrata la proprietà del cane in capo a LUI riconosce comunque, nell’interesse dell'animale, il diritto di LEI alla frequentazione del cane.

Fino a questo punto, tutto quasi nella norma. Una decisione che parrebbe rientrare tra quelle che vengono definite illuminate. Senza che mai venga spiegata quale sia la fonte di luce alla quale si ricorre.

Ritenendosi ciascuna parte non soddisfatta dalla sentenza, la vicenda approda avanti la Corte di Appello di Venezia che, in buona sostanza, rigetta le istanze di LEI che quindi  ricorre in Cassazione.

Da questo momento iniziano i problemi che affliggono il tema che qui si affronta e cioè la sorte degli animali familiari a seguito della crisi di una coppia, a prescindere che si tratti di coppia unita in matrimonio o convivenza di fatto. Come anche semplice fidanzamento. Problemi che, come noto, originano da un colposo vuoto normativo.

Vediamo perché la Corte di Cassazione rigetterà le istanze di LEI confermando la sentenza di appello.

PRIMO.

A parere della Suprema Corte il giudice di secondo grado avrebbe legittimamente escluso ritenuto sufficientemente provata la proprietà dell'animale in capo a LUI da una serie di indicatori quali: copiosa documentazione prodotta da LUI e comprovante l'acquisto dell’animale; la stipula dell’ assicurazione sulla responsabilità civile; le numerose ricevute per prestazioni veterinarie a favore del cane.

SECONDO.

Altrettanto non può dirsi rispetto ai documenti prodotti da LEI che, a dire della Corte, si limiterebbero  a rappresentazioni fotografiche del cane inidonee a scalfire quanto risulterebbe provato da LUl.

TERZO.

Differentemente dalla doglianze di LEI, la Corte di Cassazione ha ben cercato di individuare la possibile sussistenza di una famiglia di fatto tra le parti escludendola però  sulla base della carenza del minimo requisito della convivenza e della brevità della relazione. Dunque, spiega la Corte, il negato il diritto di visita di LEI in favore del cane si giustifica sulla base non della insussistenza della coppia di fatto, bensì per la carenza di prova dell'instaurazione di un rapporto significativo tra la ricorrente e il cane, vista la breve relazione sentimentale che l'aveva legata al suo padrone.

Si legge in sentenza che la coppia non avrebbe costituito  famiglia nemmeno di fatto, nè era definibile quale nucleo familiare in cui l'animale si trovava inserito. Si trattava di una relazione sentimentale molto breve che non aveva condotto le parti nemmeno alla convivenza.

Ancora più specificatamente la Corte di Cassazione sottolinea come al di là della circostanza pacifica che la frequentazione di LEI con il cane si era  limitata a circa 4 mesi, mancherebbe la prova che, nonostante il breve periodo, si era instaurato con l'animale un rapporto tale da far presumere che potesse essere riconosciuto alla stessa LEI un diritto di visita nei confronti del cane.

Orbene dalla sola lettura della sentenza è davvero impossibile potere esprimere una valutazione di pregio e dunque minimamente argomentata sulla vicenda e sull’epilogo di essa. Il dubbio, che rimane tale non potendo avere contezza degli atti processuali, è che questa sentenza rimanga incanalata in quel filone giurisprudenziale che tende a non affrancarsi da una visione privatistica del rapporto umano/non umano.

Una tendenza foriera, esclusa la sentenza in commento per le motivazioni or ora accennate,  di inaccettabili o almeno discutibili decisioni che molto dipendono, purtroppo, del personale soggettivo modo di intendere il rapporto umano/non umano di chi per avventura si trova a giudicare quel determinato caso.

Sono personalmente convinto che perché la recente riforma dell’articolo 9 della Costituzione possa realmente avere piena, concreta ed efficace attuazione sia davvero necessaria una ricognizione normativa di alcuni ambiti giuridici e di taluna giurisprudenza. Giurisprudenza che, di solito, anticipa proprio quella attesa. Non oltremodo differibile  ricognizione legislativa.