December 3, 2021

RINNOVO DI LICENZA DI PORTO DI FUCILE NEGATA A CACCIATORE CONDANNATO Cons. Stato, Sez. III 30 novembre 2021, n. 7967 -

Tizio si vede rigettare dalla Prefettura l’istanza da lui presentata per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia. Il rigetto è originato da due condanne passate in giudicato in danno dello stesso Tizio: una per la violazione dell’art. 21, comma 1 lett. b., legge 157/1992 in materia di protezione della fauna selvatica , l’altra per il reato di minaccia di cui all’art. 612 c.p. 3 (in ambito lavoristico). Confermato in appello il rigetto, la vicenda giunge avanti al Consiglio di Stato.

Tizio (ricorrente) premettendo che alcun rilievo gli è stato mai mosso sotto il profilo della idoneità psico-fisica alla detenzione delle armi, ritiene -tra i diversi profili di illegittimità del rigetto- configurarsi in suo danno - per effetto del diniego-  una lesione di interessi di rango costituzionale per violazione degli artt. 2, 17, 18 e 32 . In buona sostanza il rigetto dell’istanza di rinnovo della licenza avrebbe determinato “compromissioni delle attività realizzatrici della persona umana”, ovvero una significativa interferenza limitativa con un interesse costituzionalmente garantito quale “la pratica degli sport preferiti” e, dunque, il pregiudizio di una sua fondamentale esigenza di socialità ed espressione esistenziale.

Vediamo la decisione del Consiglio di Stato seguendo l’iter argomentativi di cui alla sentenza emessa.

Primo. L’ottenimento e la conservazione del permesso di detenzione e porto di armi non rappresentano un diritto soggettivo assoluto motivo per cui l’Amministrazione, ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del Tulps, può legittimamente fondare il giudizio di “non affidabilità” del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta”, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto, né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi (Cons. Stato, sez. III, n. 2987 del 2014; n. 4121 del 2014; n. 4518 del 2016; sez. VI, n. 107 del 2017; sez. III, n. 2404 del 2017; n. 4955 del 2018; n. 6812 del 2018). Gli indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi possono derivare anche fatti o episodi privi di rilievo penale.

Secondo. La ratio di tale discrezionalità risiede nel fatto che prevale una esigenza non punitiva quanto cautelare e preventiva di possibili abusi nell’interesse dell’intera collettività (Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018).

Terzo. Dal provvedimento di diniego al rinnovo della licenza devono però emergere in modo inequivocabile le ragioni per le quali la valutazione della personalità complessiva del soggetto, della sua storia di vita pregressa e delle presumibili evoluzioni del suo percorso di vita hanno condotto a una decisione di diniego.

Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha valutato negativamente la rilevanza dei fatti oggetto delle due condanne penali. Quanto al reato di minaccia si legge nella sentenza che esso denota una tendenza alla reattività verbale e una propensione all’uso della forza che mal si concilia con un corretto uso delle armi.  Quanto all’altro reato (violazione confini della riserva di caccia ) si fa presente che gli stessi erano segnalati da appositi cartelloni posti al limite della stessa che indicavano, tra gli altri, anche il divieto di esercizio dell’attività venatoria. Dall’istruttoria sarebbe emerso che  Tizio, cacciatore esperto, si fosse introdotto all’interno della stessa consapevoli dell’esistenza dell’area di riserva, essendo questo un fatto notorio e trattandosi di area indicata con esattezza su tutte le cartografie in uso ai cacciatori.

Interessante, anzi perentoria, la valutazione del Consiglio di Stato circa il richiamo alla “funzione sociale e rieducativa dello sport” e alla rilevanza costituzionale dei beni indirettamente compromessi dalla restrizione alla pratica della caccia. Quello che rileva, con prevalenza su ogni altro aspetto, è la sicurezza e l’ordine pubblico.  Interesse che, si legge in sentenza, non può soccombere rispetto all’interesse del singolo a detenere, per qualsivoglia ragione, un’arma.

Segue il rigetto del ricorso.

Fonte: Osservatorio Agromafie

Filippo Portoghese

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